Il pio esercizio della Via Crucis, tanto diffuso in occidente, aiuta a rivivere gli ultimi tratti del cammino terreno di Gesù, da quando, con i suoi discepoli, «dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli ulivi» (Mc 14,26) fino al momento in cui il Signore fu condotto sul Calvario (Mc 15,26), fu crocifisso e fu sepolto.
La storia dei primi pellegrini a Gerusalemme ci rivela, già nei primissimi secoli, la presenza di un itinerario di preghiera attraverso i luoghi fondamentali della Passione. La Via Crucis nel senso attuale risale al Medioevo. Intorno al 1294 un frate domenicano, Rinaldo di Monte Crucis, nel suo Liber peregrinationis afferma di essere salito al Santo Sepolcro e descrive le varie “stationes” che anticipano le stazioni della attuale Via Crucis.
La Via Crucis, così come oggi è vissuta, è nata in Spagna nel XVII secolo, soprattutto negli ambienti francescani e da qui è passata in Italia. Un convinto ed efficace propagatore fu san Leonardo da Porto Maurizio (†1751). Nel 1991 san Giovanni Paolo II ha voluto dare al percorso un particolare riferimento biblico. Non figurano quelle stazioni di cui non si parla nel Vangelo quali le tre cadute, l’incontro di Gesù con la Madre e con la Veronica. Sono invece presenti altri quadri con evidenti richiami evangelici: Gesù nell’orto degli ulivi, il giudizio di Pilato, la promessa del Paradiso, la presenza della Madre e del discepolo presso la Croce.
In questo opuscolo, senza sottovalutare il percorso tradizionale delle stazioni, si è voluto valorizzare questa scelta fatta nel 1991 per la Via Crucis del Colosseo e poi ripetuta in altri anni.
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