Il Paolo che incontriamo in queste pagine è un uomo che ama il Signore così intensamente da non poter più fare a meno di prendersi cura delle donne e degli uomini che incontra.
Verso tutti costoro Paolo ha una profonda relazione affettiva; non vuole bene in modo generico alla Chiesa, quasi fosse un’idea, ma ama i singoli fedeli al loro interno. «Senza dubbio – spiega don Franco Manzi analizzando la Prima lettera ai Corinzi – l’apostolo amava visceralmente il suo popolo e non riusciva a darsi pace, costatando con amarezza come la maggioranza dei Giudei stesse rifiutando Cristo».
Eccolo dunque alle prese con i dubbi e le angosce che, allora come oggi, attraversano la vita dei credenti. E al cuore della crisi sta l’interrogativo sulla morte e la risurrezione: «Se non esistesse risurrezione dai morti, che ne sarebbe di me, alla fine? Perché spendere così tante energie per raggiungere nella vita determinate mete, inevitabilmente caduche? E poi, che ne sarebbe delle persone a me più care? Che senso avrebbe il bene che voglio loro, dal momento che moriranno come me? Insomma, che senso avrebbe la vita in quanto tale?».
Che senso avrebbe la vita in quanto tale se non esistesse la risurrezione dai morti?
La crisi che attraversa le comunità incontrate da Paolo nel suo impegno pastorale è la stessa che scuote oggi la vita delle donne e degli uomini assetati di felicità.
E solo l’incontro con il Risorto è in grado di dare una risposta.
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